Io ce l'ho fatta di Irene Merlo
Io ce l'ho fatta di Irene Merlo
Dal dolore possono nascere gemme, principi di vita che crescono e diventano forti. A questo pensavo, forse complice la primavera che entrava prepotente dalla finestra, mentre chiudevo quel file dal titolo ‘Io ce l’ho fatta’. Come se fosse possibile chiudere tanta sofferenza in un click. Come se lo schermo del mio pc, che si faceva repentinamente buio, potesse indurmi a pensare ad altro e non risucchiarmi invece nel vortice di emozioni nel quale mi trovavo.
Avevo appena terminato di rileggere questo libro per la seconda volta e la parola ‘vita’ urgeva dentro di me, si faceva spazio tra tanto dolore.
Avevo già ‘affrontato’ una prima stesura di questo file qualche anno fa quando era solo una bozza. Ed era stato un corpo a corpo. Parole dense, cadevano una dopo l’altra, sfiorando la mente. Lambivano la parte razionale di me, cosciente sì della loro portata ma quasi chiusa a schivare i colpi di quelle parole. La mente era in difesa.
Ma il cuore no. Quello veniva colpito diretto. Senza scudi. E la lotta tra pensieri ed emozioni mi aveva lasciato stordita. Mi aveva immobilizzato.
Adesso, a distanza di anni, davanti a quel file letto tutto d’un fiato, lo schermo mi aveva risucchiata. Non c’erano più difese. Quelle parole erano schiaffi. Erano dolore, carne, ferite, sangue, spavento, rabbia, prigione, orrore. Ma erano anche vento.
Erano respiro, forza, coraggio, linfa, germoglio, energia. Erano anche vita. La Vita.
Che nonostante tutto si era fatta spazio, sgomitando, schivando i colpi, arrancando, rosicchiando terreno.
La vita che graffiava sulle pareti, arraffava, forzava le sbarre.
La vita che voleva vivere, rompere e irrompere.
Nutrita con brandelli di consapevolezza, questa vita aveva sfidato paura e tormento e alla fine, rovesciando paralisi, aveva vinto. Spezzato il gelo, frantumato la coltre. Aveva vissuto.
Ecco dunque la vita che si proponeva veemente nella mia mente ad ogni paragrafo, pagina, capitolo di quel libro. Ed era nuova vita, piccole gemme che nascevano, tutto ciò che vedevo materializzarsi tra quelle parole.
Una dopo l’altra snocciolavano significati fecondi, evidenze prolifere, assonanze amniotiche. La gestazione della forza. Una primavera dell’anima.
Era, è, tutto questo Federica, la protagonista del libro. Una donna che col suo scudo di piume brandisce l’anima e dà alla luce la sua nuova vita. La guerra sul corpo delle donne non ha una tregua. Nel mondo ogni anno vengono uccise circa 45 mila donne, 5 ogni ora. Nella maggior parte dei casi l’autore è un membro della famiglia. In Italia, in media, viene uccisa una donna ogni tre giorni.
Nel mondo una donna su tre subisce violenza sessuale o fisica almeno una volta nella vita e l’86 per cento di loro vive in Paesi in cui non c’è protezione legale contro la violenza.
In Italia sono quasi sette milioni le donne tra 16 e 70 anni che hanno subito una qualche forma di violenza fisica o sessuale nella loro vita. Medie, statistiche, percentuali. Come se fosse possibile fare medie, statistiche, percentuali del dolore.
Leggere queste pagine significa entrare all’interno di un’anima collettiva. Tra le pieghe di un’intimità sommessa ma universale. Un’intimità che non sussurra ma grida il vagito della vita: “io ce l’ho fatta”.